La 5BLSA commenta le frasi d'autore proposte...
L’uomo tende costantemente a cercare spiegazioni razionali a ciò che gli accade: alcuni si affidano alla religione, altri invece si perdono nei propri pensieri e paranoie, ma senza mai trovare di fatto una risposta che dia certezza, che spinga ad andare avanti in totale serenità.
E se fosse la vita stessa a darci risposte? Le persone si disperano senza tener conto che magari ciò che cerchiamo sta negli eventi stessi, in ciò che ci accade. Forse è questo che intendeva dire Pirandello: non dobbiamo cercare spiegazioni razionali che diano un senso alla vita, perché è essa stessa a fornircele tramite ciò che questa ha in serbo per noi. Non bisogna, pertanto, ostinarsi a capire subito, perché di ciò che ci accade ci verrà rivelato il significato in futuro, come se fosse già tutto scritto, come se ci fosse qualcuno che ci accompagna in questo sentiero lungo e spesso non facile da proseguire, come un bambino, che tenendo per mano il papà o la mamma, si lascia trasportare verso ciò che solo i suoi genitori sanno essere giusto per lui. È quindi solo smettendo di cercare un senso, e vivendo, che la vita ci fornirà le risposte di cui abbiamo bisogno.
Questa frase mi ha colpito molto, per via del contrasto tra la sua semplicità e l'immenso concetto che vuole esprimere:quello dell'amore. Inoltre sono pienamente d'accordo. Secondo me l'amore è un qualcosa di impossibile da definire in modo chiaro, ma è un qualcosa che tutti noi abbiamo ben presente. E' molto più facile spiegarlo usando un esempio concreto, proprio come viene fatto da Calvino in questa frase. Se qualcuno dovesse chiedermi "Che cos'è l'amore?" non saprei dare una definizione esatta, ma risponderei: "è quando ti guardi negli occhi dell'altra e viceversa", oppure "è quando due alberi molto vicini crescono intrecciandosi, fino al punto da essere così coesi dal risultare come una cosa sola", oppure "è quando lei mi fa una torta perchè sa che mi piace". Sono anche molto belle le parole di Calvino "modo d'essere". "Essere" è una sfera molto intima e spesso difficile da cambiare, a volte impossibile. Una delle poche forze che può cambiare davvero le persone e in meglio è proprio l'amore; forse è per questo che Calvino usa queste parole.
L'opera artistica che a mio parere rappresenta al meglio l'amore è "Il bacio" di Klimt, ove sono rappresentati i due amanti che, con questo bacio, si uniscono e si stringono l'una all'altro: l'unione è ben rappresentata dalla disposizione del colore, che sembra appunto "cingere" e "fondere" i due soggetti in un'unica figura.
Questo è l'amore: una forza non definita, che è in grado di definire.
Il concetto espresso da Seneca mi accompagna personalmente da quando sono piccolo, per questo ho scelto tale citazione. Sebbene Seneca sia vissuto circa duemila anni fa, questa frase non è solo universale, ma anche di una lungimiranza disarmante. Il filosofo vuole trasmettere speranza al proprio lettore, esprimendosi, però, in maniera estremamente sincera:
egli ammette che il timore e la resa spesso appaiono come le vie più facili da intraprendere al fine di evitare problemi, ma nonostante ciò, ci incita a percorrere la strada più ardua, quella del coraggio. Quello descritto è un meccanismo naturale senza tempo che si ripete con l’avvenire di
innumerevoli contesti e situazioni. Essendo così universale, la frase è
attuabile in ogni sfida posta dalla vita, come esortazione alla speranza e a non demordere nonostante le avversità.
Pirandello esprime in molte delle sue opere la “teoria delle maschere” in cui egli crede
fermamente, una teoria che combatte direttamente
i costumi e le apparenze della società.
Egli, infatti, afferma che ogni individuo mostra
diverse personalità, in base alla persona con cui si rapporta, le quali non sono altro che “maschere”,
cioè facciate, che ci rappresentano negli occhi degli altri e tramite le quali ci raffiguriamo nella nostra mente.
Questa concezione della realtà mostra anche la relatività di Pirandello e di molti altri autori del
tempo, che si rifiutano di descrivere la realtà come una serie di fatti oggettivi e assoluti, che
possono essere studiati razionalmente, ma sostengono che ogni individuo abbia una propria
visione del tutto, differente da quella di altri.
Questa teoria viene anche spiegata da Anselmo Paleari nel romanzo “Il fu Mattia Pascal”, tramite la cosiddetta “Filosofia del Lanternino”.
La “teoria delle maschere” si collega direttamente al concetto di “frammentazione dell’Io”, sempre
di Pirandello; gli uomini non sono persone, ma “personaggi” che recitano molti ruoli, cambiando personalità e maschera, poiché questo è l’unico modo per vivere nella società, che non è altro che un palcoscenico in cui avviene
lo spettacolo. Se un individuo prova a liberarsi da queste maschere, viene scartato e considerato superfluo o addirittura folle e viene subito rimpiazzato da un membro più "adatto".
Ne “Il fu Mattia Pascal” Pirandello mostra anche la crisi a cui va incontro colui che diviene consapevole della propria condizione e che scopre la vera natura vuota del proprio essere, completamente diversa da come si mostra e da come vuole essere giudicato dagli altri.
1. Ho scelto questa frase perchè trovo il suo significato applicabile al periodo che stiamo vivendo; secondo me è fondamentale trovare sempre un punto di collegamento con il presente, perchè il modo migliore per iniziare una riflessione è proprio partire da ciò che si prova e si vive personalmente. La frase significa “c’è una crepa in ogni cosa, da lì passa la luce”, è una visione molto positiva: la crepa, che di solito si pensa essere un qualcosa di negativo, in realtà in questo caso deve essere sfruttata per trovare la felicità e la serenità, in un momento buio e triste. Facendo un esempio concreto si potrebbe parlare della situazione che ormai da quasi un anno stiamo vivendo. Siamo stati costretti a cambiare il nostro stile di vita, e di conseguenza non abbiamo avuto più avuto la possibilità di vivere con la libertà che prima davamo per scontata. Proprio in questi momenti non bisogna buttarsi giù, ma bisogna trovare la “crepa”, cioè il “punto debole”, da sfruttare di conseguenza: stare in casa per mesi è devastante psicologicamente per molte persone, ma, personalmente, ho iniziato ad apprezzare di più lo stare in famiglia, ma anche tutte quelle cose banali a cui prima non davo importanza, questa è la crepa dalla quale passa la luce! E’ una frase interessante, alla quale si può ispirare la propria filosofia di vita; anche nelle situazioni peggiori dobbiamo cercare di adattarci e di vedere quella “crepa” dalla quale trarre emozioni e sentimenti positivi.
2. “There is a crack in everything, that's how the light gets in”. Con questa affermazione Cohen vuole dimostrare come in ogni cosa, negativa o positiva che sia, possa esserci il lume della speranza. Questa “frattura”, anche se involontaria, ci permette di vedere oltre ciò che definiamo realtà, possiamo vedere la verità celata dall’oscurità del male nascosto in ogni cosa, in ogni essere vivente. Penso però che questa crepa possa essere vista solo dalle persone che credono veramente che possa esserci speranza e felicità ovunque esse vadano. Personalmente vedo la crepa come una redenzione dai propri peccati, accettando il proprio male interiore ma al contempo rinnegandolo. Credo però che una redenzione collettiva, in cui tutti rinnegano il proprio “io maligno”, sia impossibile, nel senso che non tutti comprendono il vero male delle proprie azioni. Non avendo questa percezione, che stanno facendo del male, non potranno mai redimersi e trovare questo “squarcio” che trasuda speranza e gioia. Con questo intendo che purtroppo non abbiamo tutti lo stesso concetto di “male” o di “cattive azioni”, quindi non tutti potranno vedere le fratture che rilasciano la luce. Ovviamente non penso che Cohen abbia sbagliato nel scrivere ciò che veramente pensava, perchè lui, mentre scriveva quella frase, ha dato una possibilità a chiunque, buono o cattivo che sia.
Ungaretti secondo me in questi tre versi sintetizza l’aspirazione che l’uomo ha sempre avuto nella sua storia, quella di ambire al meglio. Per me qui Dio rappresenta l’eccellenza, in quanto storicamente Dio equivale alla perfezione. L’uomo ha sempre cercato di arrivare sempre un po’ più in alto, ha sempre cercato di superare i propri limiti per avvicinarsi sempre di più all’assenza di errore, anche se impossibile. Qui l’autore rappresenta l’umanità intera e si pone questa domanda esistenziale che tutti si fanno, ovvero chiedersi perché c’è questo bisogno di ricercare una caratteristica divina in quello che si fa, contrastando i nostri errori e quindi creando anche un conflitto, proprio perché nessun uomo arriverà mai a produrre qualcosa privo di difetto. Questo conflitto crea un paradosso insormontabile: l’umanità ricerca la perfezione, avvicinandovisi, ma non raggiungendola mai. Il distacco tra la perfezione e il lavoro svolto, che gli si avvicina ma non la raggiunge, d’altra parte è origine della motivazione di affinarsi sempre di più, in un ciclo infinito. Oltre all’eccellenza, l’uomo ha bisogno anche di affetto e protezione, che sono originati in e da Dio. In generale, questa poesia può essere adattata a tutti i bisogni e necessità dell’uomo per vivere bene. Nella cultura europea c’è l'idea che Dio sia l’origine di tutto, per cui Ungaretti si rivolge a Dio non con l’obiettivo di confrontarsi direttamente con lui, ma piuttosto per sottolineare i bisogni delle persone e le domande della vita dalle quali essi scaturiscono.
Questa è una celebre frase uscita dalla mente geniale di Pirandello, rappresentativa dell'umanità da quando essa mosse i primi passi sul pianeta, particolarmente attuale ai nostri giorni. Consuetudine è attribuire alla parola “eroe” un significato importante, perché eroe è una persona che compie o ha compiuto grandi gesta benevole e che quindi diventa importante e che verrà anche ricordata nei secoli a volte, come Galileo Galilei. Penso ahimè che il significato di questo termine sia stato un po' "travisato" perché per esempio oggi è eroe anche chi per esempio arriva a giocare a calcio a livelli alti, e, anche se a me personalmente piace molto il calcio, penso sia una cosa sbagliatissima, perché non c'è nulla di eroico in ciò, come del resto in mille altre azioni che vengono definite eroiche. Eroi per le masse possono essere anche persone che hanno trovato una cura ad una malattia, anche se non con lo scopo di salvare persone, ma per quello più futile di arricchirsi e diventare famosi. Quindi per le masse che non conoscono a fondo la persona elevata ad "eroe" e tutte le cose compiute da essa, basta un'azione che sia definita eroica per idolatrarla. In contrapposizione penso che ci siano in tutto il mondo tantissime persone meritevoli di essere accostate al termine eroe, ma che rimangono nell'anonimato perché le loro gesta non sono ritenute degne di essere definite eroiche, oppure perché non vogliono fregiarsi delle buone azioni compiute, come per esempio un chirurgo che salva vite tutti i giorni, oppure, più semplicemente, chi aiuta i bisognosi. Queste persone sono a mio parere quelle che Pirandello considera “galantuomini”, perché vivono la loro vita facendo del bene solo con lo scopo di voler fare del bene e non con altri fini, come per esempio la fama o l'interesse. Queste sono anche le persone che vanno stimate maggiormente e di cui ha bisogno l'umanità, perché è merito loro se il mondo non va a rotoli, e sono loro che sono i veri eroi, non quelli fasulli dettati semplicemente dai canoni della società, vedi i calciatori. In sintesi sono completamente d'accordo con Pirandello e con il suo pensiero, perché gli eroi vanno e vengono, per via del compimento di azioni importanti dettate dai valori della società del momento, mentre i veri eroi, i galantuomini, sono le persone normali che vivono la la loro vita in silenzio compiendo azioni lodevoli con il solo scopo della bontà verso gli altri. In conclusione penso che il termine "eroe", soprattutto oggi, sia abusato perdendo il valore che avrebbe dovuto esprimere, invece attribuito spiritualmente ai galantuomini da parte delle persone che conoscono il vero significato del termine “eroe”.