1. Descrivi la scena che più ti ha colpito in positivo del film Dante di Pupi Avati
2. Cosa ti è piaciuto e cosa invece non ti ha convinto del Dante ragazzo di questo film
3. Cosa ti ha convinto e cosa invece non ti è piaciuto della rappresentazione di Beatrice in questo film
4. Descrivi (in almeno tre righe) Boccaccio per come è rappresentato in questo film
5. aggiungi qualsiasi tipo di considerazione (argomentata) su questo film
AT 4DINF
La cosa che più mi è piaciuta del Dante ragazzo è la spontaneità con cui il regista lo ha pensato. In tutte le scene in cui appare Dante sembra un ragazzo timido, riservato ed inquieto cosa che probabilmente è vera anche storicamente. La parte che invece meno mi ha convinto del Dante ragazzo sono alcune scene in cui il personaggio sembra essere troppo impostato o addirittura episodi in cui il protagonista è forzato a interpretare determinate emozioni.
Per quanto riguarda Beatrice invece la cosa che più mi è piaciuta è il fatto che la ragazza sia stata rappresentata sìi come una donna angelo, ma non solo quello. Nel film infatti Beatrice è rappresentata anche come una figura sensuale e provocatoria che deve “catturare” il desiderio di Dante. L’aspetto negativo simile a quello di Dante è proprio il fatto che questa sensualità alle volte sia fin troppo spinta.
Boccaccio in questo film è rappresentato come un uomo semplice che ha il solo scopo di portare la borsa con il denaro a Ravenna, dalla figlia di Dante. In realtà però Boccaccio è anche una sorta di guida che ha una forte devozione, quasi una venerazione, nei confronti di quello che lui ritiene essere il suo padre spirituale. Il film è tutto incentrato su due viaggi uno dei quali è proprio quello di questo poeta che ripercorre tutto il percorsoviaggio fatto da Dante dopo il suo esilio. è bello anche notare come in ogni tappa in cui Boccaccio si ferma, il poeta cerchi di trovare le uniche persone o gli ultimi testimoni ancora in vita che hanno conosciuto, o solo visto, Dante.
MB 4DINF
1. Ho apprezzato molto il dialogo finale tra Boccaccio e la figlia di Dante: i due si incontrano una sera e seduti su una panca di pietra, danno sfogo ai loro ricordi dell’illustre poeta che è riuscito nel corso
della sua vita, a scrivere in maniera così sublime il suo amore per una donna. Boccaccio che precedentemente lo aveva definito il padre di tutte le gioie della sua vita, ascolta commosso le parole della figlia
Beatrice. Il melograno nel praticello al centro del convento ha smesso di dare i suoi rossi frutti, racconta la figlia. Anche la natura sembra soffrire per la morte di “colui che conosce il nome di tutte le
stelle”.
5. Il film “Dante” viene definito dallo stesso Pupi Avati un “tableau vivent” della vita del poeta. Una rappresentazione sintetica in contrapposizione alla fiction televisiva, in grado di comunicare la
complessità degli individui della società fiorentina nel 1300, ancora in ripresa dall’epidemia di peste nera, mietitrice della società. Dante oltre ad esserne il protagonista è anche simbolo di creatività,
bellezza e amore che nonostante le difficoltà continuano a manifestarsi in quel secolo. Anche le immagini dedicate ai mosaici trecenteschi suggeriscono il valore eterno dell’arte come fonte di
ispirazione.
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2) Del Dante ragazzo mi è piaciuta la purezza spirituale, l’amore per la poesia. Egli si affaccia con entusiasmo e leggerezza alla vita proprio come ogni adolescente. Vengono descritti i suoi tormenti amorosi e sogni proibiti, aspetti che non sono generalmente conosciuti. Non mi è piaciuta la lentezza di alcune scene che hanno reso il poeta fiorentino ripetitivo in alcuni atteggiamenti: sempre pensoso, sognante, distaccato dal mondo reale. Questi aspetti caratteristici sono però funzionali per la creazione del personaggio Dante ragazzo.
3) Di Beatrice mi è piaciuta la rappresentazione più umana e meno angelica. Beatrice è consapevole della sua bellezza e il suo sguardo profondo trafigge l’animo del poeta provocandone gioia e turbamento. Il suo personaggio è quindi stato umanizzato rispetto all’eterea figura descritta nei testi letterari pur rimanendo la musa ispiratrice del poeta. Il silenzio di Beatrice è carico di emozioni, quelle stesse che Dante ha saputo rendere universali nei suoi versi. Non ho trovato difetti nella rappresentazione di questo personaggio
DZ 4AINF
Ho trovato Dante, diretto da Pupi Avati, un film impressionante, ma allo stesso tempo molto controverso, essendo per certi aspetti molto crudo e al tempo stesso struggente. È una storia d'amore, ma anche di sfide personali che il protagonista deve affrontare prima di arrivare a un appagamento finale. La scena che mi ha maggiormente colpito positivamente è quella in cui Dante vede Beatrice per la prima volta, a 9 anni, e ne rimane quasi incantato. Già da questo episodio il giovane autore considera la sua amata una sorta di donna angelo, un'incarnazione quasi sovrannaturale di bellezza e di virtù.
Il Dante ragazzo, in questo film, è caratterizzato in un modo abbastanza insolito rispetto a come viene rappresentato abitualmente. Da un lato può sembrare un assetato di libertà, quindi piuttosto estroverso. Allo stesso tempo, però, mostra una sensibilità inaspettata, una delicatezza e una fragilità che non viene in mente subito quando si pensa al personaggio. Ciò che non mi piace troppo è che (con il passare del tempo) vediamo le sue debolezze sottolineate anche troppo, e il film sembra soffermarsi troppo a evidenziare le profonde tristezze che accompagnano Dante.
L'immagine di Beatrice è a dir poco articolata. Fin dalle primissime scene, viene rappresentata come una figura principesca che osserva e custodisce, quasi come un angelo, il giovane Dante. Man mano che la storia si sviluppa, vediamo Beatrice non più come una figura lontana e siderale, ma come una donna instabile, alla ricerca di un equilibrio. La rappresentazione di Beatrice non mi piace particolarmente per come viene affrontato il suo personaggio, che, pur essendo molto interessante, viene sottolineato forse un po' troppo e con un tono a tratti soffuso per le sue fragilità.
Boccaccio, in questo film, è rappresentato come un personaggio di grande saggezza, vicino e comprensivo. Ciò che lo contraddistingue è la sua acuta percezione della vita, della natura umana e dei sentimenti. Ripercorrendo la vita di Dante, Boccaccio diventa una sorta di guida per lo spettatore, offrendo una visione antica di come un uomo deve affrontare le sfide personali, soprattutto quelle relative al cuore.
Personalmente parlando, il film mi è piaciuto, ma nulla di più. Anzi, ho notato alcune incoerenze nella trama e nella costruzione dei personaggi, ad esempio l'enfasi posta sulla sofferenza personale di Dante, che in alcuni momenti rende la visione un po' noiosa. Tuttavia, si tratta di un'opera che riflette con profondità sulla complessità dei sentimenti, quindi valida se si è in cerca di un prodotto dallo sguardo più filosofico e meno di intrattenimento.
RZ 4AINF
1. La scena che più mi ha colpito in positivo del film Dante di Pupi Avati è sicuramente quella dove vediamo Dante che di fatto incontra il suo unico vero amore ovvero Beatrice che di
lì a poco si sarebbe sposata, i due si guardano intensamente recitando “tanto gentile e tanto onesta pare”; questa scena mi è piaciuta particolarmente perché secondo me rispecchia
fedelmente quello che era stato nella realtà l’incontro tra Dante e Beatrice, e rappresenta molto bene i sentimenti provati da entrambi in quel momento.
2. Una cosa che mi è piaciuta del Dante ragazzo di questo film è sicuramente che ci viene mostrato bene si nei suoi pregi ma soprattutto nei suoi difetti, ci viene mostrato un Dante
diverso molto più umano e peccatore, inquieto, insicuro molto vicino a noi. Una cosa che invece non mi è piaciuta è probabilmente il suo amore fin troppo esagerato e
passionale per Beatrice.
ML 4AINF
Il film di Pupi Avati dedicato alla figura di Dante è un’interessante biografia in cui il regista rappresenta i
principali passaggi della vita del poeta attraverso la figura di Boccaccio.
Quest’ultimo nel film ha un ruolo di “guida” nel ripercorrere la vita di Dante. Incaricato di consegnare
dieci fiorini d’oro alla figlia di Dante come ricompensa dell’ingiustizia subita dal padre, rivisita i luoghi
frequentati da Dante durante la sua vita. Quindi il regista utilizza la sua figura come voce narrante .
Boccaccio è un personaggio colto, uomo come tanti altri che dimostra la sua profonda ammirazione per
Dante che si impegna a rispettare il compito preso e nonostante le sue sofferenze dovute alla malattia.
Dante appare come un personaggio introverso, a volte timido, riservato, sempre perso tra i sentimenti ed
emozioni, ma nello stesso tempo coraggioso capace di dichiararsi a Beatrice in modo sempre poetico e
raffinato e pronto a sostenere le sue idee partecipando alle lotte civili tra guelfi e ghibellini.
Rispetto a ciò che ho studiato di Dante, trovo che il regista sia stato abile nel mettere in evidenza tre
aspetti della sua personalità quello razionale, cioè che studia i comportamenti dell’uomo legati al periodo
storico e quello sentimentale per cui Dante fa sempre riferimento all’amore e alle tentazioni e quello
spirituale di uomo che ricerca il cammino per avvicinarsi a Dio. In questo cammino la figura che fa da
tramite tra il poeta e Dio è la figura di Beatrice rappresentata come una giovane donna semplice e
raffinata, ma nello tempo irragiungibile, mi è piaciuto il primo aspetto soprattutto nelle due scene in cui i
due si salutano per la prima volta e quando Beatrice salendo le scale per raggiungere il suo sposo, si ferma
come se fosse attratta dalla voce interiore e i due compongono come se fossero in sintonia i versi del
sonetto “Tanto gentile e tanto onesta pare”.
Quello che non mi è piaciuto della figura di Beatrice è il secondo aspetto dell’ irragiungibilità in quanto
mi aspettavo un legame più fisico tra i due successivamente separato da un matrimonio combinato invece
il loro rapporto è basato su sguardi e sentimenti che non vengono mai dichiarati quindi è un’amore
immaginario.
5BLSA: Dante e il senso civico...
Dante stesso afferma, nell'epistola XIII, che l'intento che lo portò a scrivere la Divina Commedia fu quello di migliorare la vita delle persone, di renderla più gioiosa e felice: voleva sollevarle dalla miseria in cui secondo lui erano immerse. Lo fa da subito, nella selva oscura, raffigurando i problemi e le situazioni emotive di tutti i giorni: l'angoscia, lo smarrimento, il sonno, il dubbio, tutti sentimenti/emozioni che sono quotidiani anche ai giorni nostri. Dante vuole darci uno strumento per prendere coscienza di queste difficoltà e affrontarle al meglio.
La missione di Dante si collega direttamente alla grande influenza che egli ebbe non solo sulla società dell’epoca, ma anche su quella di oggi.
Avere senso civico significa partecipare attivamente alla vita della comunità, con l’intento di migliorarla, e avere quindi a cuore il benessere della società.
Dante nel corso della sua vita mira proprio a questo e intraprende varie mansioni per partecipare al progetto collettivo: tra esse vi è anche la scrittura della Divina Commedia.
(Alcuni ragazzi...)
“Il mio intento è allontanare gli uomini dalla situazione presente di miseria (si allude anche a povertà e angoscia) e condurli a una condizione di felicità (anche gioia, beatitudine, successo, fortuna).”
Dante utilizza queste esatte parole nella lettera (epistola XIII) indirizzata a Cangrande della Scala, signore di Verona, a cui dedica la terza cantica della Commedia.
Il compito che egli si prefigge è quindi quello di aiutare gli uomini ad abbandonare tutte le emozioni e i sentimenti e gli ideali negativi e a dedicarsi a compiere azioni che elevino l’animo e rendano felici.
Se dovessimo pensare a un Dante di oggi, ci verrebbe in mente Fabrizio De André. L’idea del cantautore genovese riguardo il peccato e l’inferno, nonostante il suo agnosticismo, è molto vicina alla visione solidale e cristiana dei vangeli, quindi a una visione dantesca. Egli infatti vede nel peccatore non un condannato da denigrare ed emarginare, bensì un uomo da perdonare ed amare, così come proposto nelle Sacre Scritture. De André viene considerato spesso come la voce degli ultimi, infatti nella sua discografia ha tante volte trattato dei ceti più bassi della società, come prostitute, transessuali, clochard ecc. Tra Dante Alighieri e Fabrizio De André intercorrono sette secoli, è difficile paragonare due mentalità e due mondi così diversi, se non opposti. Sicuramente la tematica religiosa rimane ancora una di quelle che influenzano la società oggi, come anche la domanda su chi debba essere condannato all’inferno. Le posizioni sono molteplici, ma, pur evidenziando il punto in comune prima proposto, se ne possono individuare una più conservatrice e rigida, come lo schema dantesco, e una più rivoluzionaria, come quella di De André.
A dire ancora l'ETERNA attualità di Dante proponiamo uno spunto suggestivo: Branduardi che canta il San Francesco di Dante.
https://youtu.be/LiJdttdK4ng
(Alcune ragazze...)
Inauguriamo l'anno di Dante con le riflessioni di un gruppo di studenti intorno al verso di Dante più emblematico del periodo che stiamo vivendo. E' solo l'inizio di una pagina dedicata al Sommo Poeta nel blog letterario d'Istituto che, ci auguriamo, si arricchisca del contributo di tanti in questo 2021
“E quindi uscimmo a riveder le stelle” è uno dei versi più famosi della letteratura italiana.
Il termine più corretto che mi viene in mente riguardo a questa frase è: “evocativa”. Un ipotetico lettore della Divina Commedia arrivato a questo punto rivive mentalmente il travagliato viaggio di Dante dagli Inferi al Purgatorio, ripercorrendo i momenti salienti come in un time-laps.
La bellezza di questo frammento scaturisce dalla sua funzione di collante in un contesto atipico: in un solo verso viene chiusa a chiave la porta della stanza dove l’opera è vissuta fino a quel momento, e se ne apre una nuova. Vengono lasciati alle spalle il dolore e il senso di oppressione che si percepivano a pelle durante l’Inferno per uscirne uscirne del tutto nuovi, arricchiti dal percorso. Le stelle di cui si parla poi, possono avere più interpretazioni. Potrebbero rappresentare l’oggettiva piccolezza dell’uomo rispetto a tutto quello che esiste all’infuori del suo mondo. Si potrebbe dare loro il significato delle cose che gli uomini chiamano “certezze”, che saranno per loro sempre un faro luminoso quando il mare è in tempesta, la scelta di un'interpretazione piuttosto che di un’altra è assolutamente arbitraria.
Per come la vedo io, le stelle fungono da metonimìa per indicare l’infinito. Da sempre l’uomo ha cercato di lasciare sulla terra un’impronta eterna del suo passaggio. L’infinito è sempre stata un’ossessione umana, e la causa di questa attrazione morbosa è la sua natura mistica e trascendentale rispetto al resto. La magia di e quindi uscimmo a riveder le stelle a mio parere sta in questo. In un solo verso Dante riesce, dopo un’intera cantica basata sulla crisi esistenziale di un uomo, ad avvicinarsi spaventosamente all’infinito cielo stellato di cui lui stesso parlava, tramite un’unica immagine.
Tutto ciò in noi esseri umani fa scattare qualcosa dentro, come un lupo che ode l’ululato del capobranco. Questo verso ci ricorda che, al di là di qualunque situazione più o meno momentanea, qualcosa durerà per sempre. fg 4blsa
Una stella è un corpo celeste che brilla di luce propria. Ciò che oggi giorno appare a molti sotto uno sguardo puramente scientifico, è stato studiato per secoli da astronomi, filosofi e sacerdoti il cui solo obiettivo era quello di capire le leggi che regolano il nostro universo.
Sumeri, egizi, greci ed arabi, fra tanti altri, misero le basi di una scintillante cultura delle stelle. Le stelle, mute testimoni di luce che solo distrattamente osserviamo nel cielo notturno, segni che si muovono lenti e regolari sopra di noi e che avrebbero molto da dirci se solo avessimo tempo e voglia di ascoltarli, caratteri sulla pagina del libro della natura che leggiamo sempre più con fatica, lentamente si eclissano dalle nostre città, soffocati dai fumi delle fabbriche, annegati dalla luce artificiale delle strade ed esclusi dagli orizzonti di cemento in continua ascesa.
Il tempo non si misura più con il movimento degli astri; scompare l’alternarsi del giorno e della notte; le stelle sono osservate per lo più avvalendosi di strumenti che le mediano e le alterano. Con il progressivo allontanamento delle stelle dal quotidiano si perdono l’intimo rapporto tra uomo e natura e la vera cognizione del tempo; tutto ciò mentre la nostra esistenza si svolge frenetica e sempre più accelerata, secondo le regole del consumismo e secondo l’esclusiva attenzione nutrita da molti per le cose terrene. Il dialogo tra cielo e terra diviene arduo e intermittente, rischiando di interrompersi. Questi nuovi fenomeni, che hanno regalato all’uomo grandi benefici, hanno contemporaneamente causato la scomparsa di suoi preziosi e antichissimi compagni di strada: la luce naturale, il cielo, il silenzio, i ritmi stagionali e il firmamento.
Una delle funzioni fondamentali di questi elementi era fungere da guida, in senso sia spirituale sia materiale. Le luci delle stelle, per quanto flebili e lontane, hanno sempre aiutato l’uomo ad orientarsi; durante gli spostamenti, quando desiderava conoscere con esattezza il luogo dove si trovava e da che parte doveva rivolgersi per compiere i riti. I naviganti, i più grandi viaggiatori dell’antichità, utilizzarono le posizioni delle stelle nel cielo notturno per rendere meno insicuri i loro spostamenti.
Ma avevano necessità di orientarsi anche i costruttori di edifici sacri che,seguendo i dettami della religione, dovevano progettare le loro opere rispecchiando la struttura del cielo e dovevano collocare i templi secondo il sorgere e il tramontare dei grandi luminari e delle stelle.
Due motivi diversi per orientarsi sulla terra ma un solo punto di riferimento per farlo: il cielo. Nella Divina Commedia di Dante le stelle compaiono spesso, più precisamente alla fine delle tre cantiche.
Esse sono simbolo della meta di Dante Alighieri; rimandano al colle alto e luminoso da cui si è allontanato una volta incontrate le tre fiere. Ma le stelle nella Divina Commedia non fungono solamente da immagine della natura che viene sempre più celata dai vizi dell’umanità.
Le concezioni medievali di Dante sulla forma dell’universo sembrano agli astronomi contemporanei sorprendentemente preveggenti. Infatti, alcuni matematici e astrofisici, hanno sostenuto che la concezione dello spazio della Commedia sia abbordabile solo con il sostegno teorico della relatività einsteiniana e della geometria non-euclidea. L’opera finisce inaspettatamente per trovarsi avanti rispetto alla scienza dell'inizio 1900 (i crateri lunari, l’ipersfera…). Eppure Dante ragiona da un mythos diverso dal nostro e le sue preveggenze gli vengono da una visione mistica dell’esistente. Il mistero divino diventa insieme imprendibile sfera e centro concentrico della realtà, contenente e contenuto, trascendente e immanente.
L’ardore di Dante è stato quello di provare a tenere insieme diverse dimensioni della realtà, misteriosa, umana e materiale , con tutti i saperi che aveva a disposizione, anche se scientificamente limitati. E quello che ci viene chiesto oggigiorno è proprio mantenere viva e prolungare la tensione dantesca, aggiornandola all’altezza dei tempi. Un verso del paradiso della divina commedia, divenuto poi un proverbio è poca favilla gran fiamma seconda, con cui si esprime l'invito a valutare tutto lo spettro delle conseguenze delle proprie azioni perché anche un piccolo gesto può provocare immensi danni. E’ un "proverbio" a tutti noto, indipendentemente dalla lettura dell’opera, ma a causa della pandemia in cui stiamo vivendo, sembra aver amplificato il suo valore.
Possiamo dire di essere stati immersi anche noi in una realtà mistica e surreale dalla quale non possiamo fuggire a nostro volere. E’ necessario compiere un viaggio tenendo sempre ben a mente ciò che abbiamo lasciato e ciò che desideriamo raggiungere. La divina Commedia racconta che cosa accade dopo la morte ed è uno straordinario elogio del libero arbitrio e della piena responsabilità dell’uomo nella determinazione del proprio destino. E’ un’opera scritta per cambiare la vita degli uomini.
Come viene detto in maniera molto chiara da Dante infatti, il fine del poema è togliere i viventi dallo stato di infelicità in questa vita e di guidarli alla felicità. E, forse, questo poema potrebbe diventare un punto in più necessario da aggiungere alla lista stilata in questo periodo in cui ci siamo promessi di prendere in mano la situazione in modo da poter vivere a pieno il futuro, nella nostra migliore forma.
Lucia Cosenza 4blsa
Dante è sempre stato un luminoso punto di riferimento per tutti i lettori che navigano nell’oceano della letteratura e si lasciano alle spalle i propri confini alla ricerca di una nuova prospettiva nei confronti dell’esistenza. Egli è una stella tanto luminosa e riconoscibile quanto distante, che ha già guidato molti altri grandi navigatori prima di noi e ha messo in difficoltà persino i più rinomati astronomi nel cercare di interpretare i suoi moti e andamenti. Eppure ancora oggi i versi di Dante riescono ad incantare: un bambino che alza gli occhi al cielo in una chiara notte d’estate, un esperto capitano pronto ad imbarcarsi in una nuova impresa, gli uomini non smetteranno mai di provare quel fascino verso il lontano e luminoso astro, con la speranza che, un giorno, si possa essere i primi a toccarlo con mano.
In questi mesi di incertezza passati col fiato sospeso, ci siamo sempre di più aggrappati al bagliore che si intravede in fondo al buio, consapevoli che, una volta fuori, avremo appena il tempo per prendere fiato prima di intraprendere una nuova scalata. Tempi duri temprano anche l’uomo più incerto, e siamo consapevoli che non bisogna gioire troppo presto, ma sotto sotto già contempliamo come sarà giungere sulla vetta eterea e tornare ad una vita normale. Eppure non dobbiamo dimenticare qual è la nostra vera meta, alzare di nuovo gli occhi alle stelle e comprendere che la purificazione nel fiume paradisiaco è solo un rito di passaggio, che chiuderà un capitolo inquietante quanto importante della nostra vita, l’alba di un nuovo giorno in cui tenteremo di nuovo di raggiungere quel lontano astro.
Il percorso che compie Dante non è solo una via per espiare i propri peccati, ma un vero e proprio meccanismo di rinascita che, per molti aspetti, è affine a quello che stiamo vivendo oggi. Ecco dunque la discesa verso il centro della terra, che da millenni è stato interpretato come il regno dei morti; poi la risalita nel fango, affine alla maggior parte dei miti della creazione secondo cui l’uomo è stato plasmato dall’argilla; infine il raggiungimento delle stelle, relitti di antiche divinità che un tempo rappresentavano un confine (che ora abbiamo abbattuto), un po’ come fece il vecchio Ulisse con le colonne d’Ercole. E se c’è una cosa che vale la pena di ascoltare da un dannato dei più bassi gironi dell’inferno come Ulisse, è che quello che si può perdere oltrepassando i margini stabiliti è la nostra ignoranza, e che l’uomo non è fatto per perdersi in una selva oscura senza trovare mai una soluzione, o per comandare i fedeli dall’alto del proprio trono fatto di denaro, o ancora per lamentarsi e rimpiangere i vecchi tempi di pace, o indugiare di fronte ad un vaccino: l’uomo è fatto per soddisfare la propria sete di conoscenza.
Umberto Pagliari 4blsa